<br /> - Michele Zizzari

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Sinossi delle opere

Moto neopoetico partenopeo


Moto, perché movimento, onda e istanza di cambiamento, moto ribelle, rivolta, arrevuoto.
Neopoetico
, perché suono, parola, lingua, linguaggio, ritmo, semantica (si spera contagiosi) di mutamento e di ribaltamento.
Partenopeo
, perché figlio di una Terra in tumulto, fertile, felice e stuprata, dove nei millenni culture, suoni e parole del mondo si sono fuse in un solo popolo al calore del Sole e della lava del Vesuvio… dove ancora battono d’amore i cuori trafitti dall’ingiustizia… dove l’incanto, il canto e la protesta non si arrendono mai… dove l’odore dei caffè, del basilico e del mare si mischiano a quello della povertà, del sangue e delle discariche… dove le contraddizioni sociali del Mondo sono le vene aperte e sanguinanti di un Sud nel bel mezzo del cosiddetto Occidente avanzato.
Moto neopoetico partenopeo
è una performance dall’andamento vario che alterna la meraviglia alla bestemmia, la lirica all’ironia, il sussurro all’urlo, la melodia al ritmo sincopato, il delirio visionario alla cruda realtà… perché alimentata da differenti moti d’animo, d’umore e di senso, e anche perché utilizza due lingue: l’italiano e il napoletano. Uno spaccato metro-napolitano del magmatico animo vulcanico di un popolo, quello napoletano, che se da una parte conserva uno sguardo ingenuo e autenticamente poetico (capace di commuoversi per un eclissi o per un arcobaleno) dall’altra è invece allergico a ogni forma autoritaria, mostrando tutto il suo spirito polemico e spigoloso, il rancore per le ingiustizie e le discriminazioni subite, l’irrisione sagace e il tumulto.  

Presentato al Macondo di Cesenatico; alla Libreria Amblar di Ravenna; a Cervia (col poeta romagnolo Tolmino Baldassari); alla Rocca di Lugo; al Magazzino Parallelo e all’Intifada di Cesena; al VAG 61 e al Teatro del Navile di Bologna; al Cosmonauta di Forlì; al Centro di Espressione Teatrale di San Martino in Fiume di Cesena per la Rassegna Play in a box; alle Cantine di Platone di Castelbolognese; alla Casa Laboratorio La Signora Maria di Anna Tazzari di Bagnacavallo e nel 2017 al Bike bar Cinetico di Montaletto di Cervia.

Altri contenuti - La poesia è uno degli strumenti più efficaci per arginare lo strapotere omologante dei media e delle mode. Bene lo sanno i pubblicitari, che usano proprio le tecniche della composizione poetica per farci desiderare e comprare un mucchio di cose di cui in realtà non abbiamo bisogno e che anzi  avvelenano corpi, menti e coscienze. Questi signori sanno bene che le suggestioni possono farsi bisogno e poi realtà.
Siamo nell’era dell’immagine, e solo la poesia può competere con la velocità corruttiva delle immagini, opponendo a quelle dell’inganno e del consumo quelle dell’autenticità e dei valori. La parola è un mezzo di indagine, di conoscenza, di auto-consapevolezza, di esplorazione del senso, di descrizione e di espressione capace di spezzare catene e condizionamenti: è un fattore di trasformazione della società e di noi stessi che in poche parole può penetrare e cogliere il significato profondo di un’immagine, di un’azione, di un’emozione.

Se un romanzo è un film, un testo poetico è senz’altro un videoclip, più adatto della grande narrazione alla guerriglia semiologica e allo scontro semantico in atto. Inoltre è lo strumento di espressione più democratico ed economico che c’è. Tutti possono fare poesia: basta un pezzo di carta qualsiasi, una penna e una terza cosa, un po’ più complicata, che è la nostra autentica disponibilità d’animo.
Mentre il narratore deve riempire la pagina, il rigo e l’intero spazio di un libro, il poeta può andare daccapo quando vuole, può dislocare le parole nel verso e nella pagina a suo piacimento, restituendo a esse un potere simbolico che ne moltiplica il senso e le interpretazioni. Il poeta può fermarsi e riprendere il discorso seguendo semplicemente il respiro, lasciando fluttuare liberamente ciò che scrive in uno spazio bianco immenso, che l’immaginario collettivo poi può riempire di note, di disegni, di fiori, di nuove idee e d’altre parole ancora. Una poesia è solo il primo tracciato di un sentiero che chiunque potrà continuare fin dove vuole.

Moto neopoetico è un movimento, un sommovimento che rinnova, che prova un altro modo di dire e di fare.
Moto neopoetico partenopeo
ha un andamento alterno, perché costituito da differenti moti d’animo, d’umore e di senso, e anche perché utilizza due lingue diverse: l’italiano e il dialetto napoletano. Ogni mutamento - che sia legato all’umore o all’argomento - è segnalato con un cambio di copricapo, che incarna il soggetto sociale, storico o psicologico che in quel momento si esprime. A ogni cappello corrisponde un personaggio particolare. Ad esempio la maschera da lupo potrebbe rappresentare il selvaggio, il guerriero. La bombetta è il poeta di strada. Il cappellaccio il brigante, il rivoltoso. La paglietta il contadino. La coppola il mafioso. E la maschera di Pulcinella il magmatico animo vulcanico di un popolo, quello napoletano, che se da una parte conserva uno sguardo ingenuo e autenticamente poetico sul mondo, capace di commuoversi per un eclissi o per un arcobaleno, dall’altra è invece allergico a ogni forma autoritaria e mostra tutto il suo spirito polemico e spigoloso, il rancore per le ingiustizie subite, l’irrisione sagace e il tumulto. Cominceremo con un moto poetico ermetico, picaresco, visionario, che attraverso una sequenza di immagini tenta una ricognizione a volo d’angelo sia sulle condizioni esistenziali degli uomini sia sulle condizioni generali del mondo, quindi sui conflitti interiori e sociali che attraversiamo.

Moto neopoetico
partenopeo


Ogni volta che il magnetismo di un astro vagante
incrocia uno sguardo vagabondo,
si verifica un moto poetico…
la suggestione di una visione che impresta la voce alla parola,
il colore all’immaginazione,
la musica all’aria e un certo movimento alle viscere.
Non so se mi spiego…
Chi intercetta questo moto o ne è sedotto
può percepire il ritmo delle terre scosse,
il canto del mare,
l’agrodolce d’una spremuta d’arancio e limone,
il sudore dell’umore incerto,
l’odore ozonico della pioggia
e quello nitrico della polvere da sparo.
Un richiamo selvaggio… per le amorose tribù!
Si tratta di un’azione umorale verbo-sonora
dall’atteggiamento appena teatrale…
che tenta di legare cose concrete a speranze,
amore, memoria, ironia, denuncia e rivolta.
Segnali sparsi e mappe
per un altro mondo possibile, in un mondo impossibile…
nell’incessante ricerca di un’improbabile tensione.


 
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