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Breve storia dell'esperienza teatrale presso il Centro Diurno Psichiatrico di Via Romagnoli
del Dipartimento di Salute Mentale dell'Ausl di Forlì
L'esperienza teatrale prende il via nell'ottobre del 2000 con l'idea di potenziare e diversificare le attività terapeutiche e riabilitative del Centro Diurno di via Romagnoli di Forlì. La proposta fu accolta con entusiasmo e a condurre le attività fu chiamato l'autore e regista teatrale Michele Zizzari e il Dirigibile - nome del gruppo di teatro formato da ospiti e operatori del centro - decollò.
Le attività hanno impegnato attivamente 5 operatori e (tra dimissioni e nuovi ingressi) mediamente un gruppo di 20 ospiti.
In questi anni le crisi periodiche e i ricoveri dei pazienti sono stati quasi azzerati; 4 di loro hanno ottenuto una borsa lavoro; le condizioni generali di salute di tutti i partecipanti, il loro rapporto con gli altri, col mondo e con gli operatori sono notevolmente migliorati. Gli ospiti hanno sviluppato abilità fisiche e manuali, capacità cognitive e relazionali e competenze attoriali importanti. Gli operatori stessi hanno potuto trovare nuove motivazioni e nuove gratificazioni.
Il Gruppo di Teatro il Dirigibile ha ideato, scritto, allestito e rappresentato ben 11 opere teatrali originali, di elevata complessità e qualità artistica, che hanno suscitato l'interesse, l'apprezzamento e la collaborazione di tutti gli operatori, dei familiari dei pazienti, della città, dell'Amministrazione Comunale e Provinciale, della Regione Emilia-Romagna, del Centro Studi Teatrali dell'Università di Biologna e Forlì, di docenti universitari, di artisti, registi e riviste teatrali, degli addetti ai lavori delle altre Ausl, di volontari, tirocinanti, laureandi in Psicologia (che hanno trattato l'esperienza nelle loro tesi di laurea) e degli organi d'informazione, i quali ne hanno dato gran risalto.
Nei primi anni di esperienza teatrale si è preferito partire da una preparazione di base principalmente basata su attività di carattere riabilitativo e terapeutico: esercizi di respirazione, di rilassamento, di concentrazione e di smobilitazione dei blocchi nervosi e muscolari; movimento fisico a terra e a corpo libero; movimento corale, ritmica e danza; lettura; dizione e intonazione vocale; scrittura; mimica; espressività corporea e delle emozioni; per poi passare gradualmente a forme sempre più articolate di improvvisazione teatrale. Queste pratiche hanno da subito incontrato la curiosità e il gradimento dei pazienti, che vi hanno preso parte con un entusiasmo e un impegno che andavano anche oltre le nostre iniziali aspettative, tanto che è apparsa immediatamente evidente una certa propensione del gruppo alle attività creative connesse al teatro. Naturalmente non è stato facile, sia per le patologie anche gravi dei pazienti sia perché il gruppo era assolutamente nuovo a simili esperienze. Il lavoro di gruppo però - condotto, pianificato e sviluppato in sinergia tra il regista-conduttore del laboratorio teatrale e gli operatori sanitari - ha dato i suoi frutti, superando e riducendo difficoltà d'ogni genere.
Alla fine del primo anno (2001) di laboratorio infatti, durante il quale abbiamo realizzato e rappresentato al Teatro di Carpinello (giugno 2001) il nostro primo lavoro originale intitolato Utko - una rivisitazione del Piccolo Principe di Exupery che avevamo letto, discusso e approfondito - eravamo già di fronte a un quadro generale notevolmente migliorato. Non solo i pazienti avevano avuto un'evoluzione positiva importante sotto il profilo clinico e psicologico, riducendo al lumicino le crisi periodiche e i ricoveri, ma avevano anche sviluppato significative capacità espressive, comunicative, relazionali e creative. Nel gruppo s'era instaurato un ottimo spirito di collaborazione e di partecipazione e sviluppato una buona capacità di concorrere a un progetto comune.
Ognuno aveva migliorato i propri tempi di reazione, la propria performance e le capacità motorie; molti avevano sciolto o ridotto blocchi psicologici e introversioni croniche che sembravano insuperabili; alcuni che vivevano nel terror panico del confronto e del giudizio si manifestavano e confrontavano senza paura nelle prove, fino a esibirsi con naturalezza di fronte a un pubblico numeroso nello spettacolo finale.
Insomma le attività teatrali - agendo in sinergia con le terapie mediche di base - confermavano tutta la loro potenzialità come strumento riabilitativo e terapeutico.
In seguito le cose sono andate anche meglio. Rotto il ghiaccio, il lavoro laboratoriale, l'ideazione, la preparazione e la realizzazione dei nuovi lavori teatrali sono proseguiti come una normale attività e hanno contraddistinto le attività del Centro Diurno di via Romagnoli.
Nel secondo anno (2002) si sono consolidati i risultati raggiunti nel primo anno e ulteriormente migliorate le condizioni psico-fisiche generali e individuali del gruppo. Partendo dai testi poetici scritti dai pazienti è nato Stagioni, un dramma poetico intenso e di grande impatto emotivo con risoluzione positiva, messo in scena al Teatro Testori di Forlì nel giugno 2002, seguito da un vivace e interessante convegno sul tema L'arte è terapia? con la partecipazione di equipe, psichiatri e registi di fama nazionale già promotori di importanti esperienze (come il dr. Filippo Renda e il regista Nanni Garella per il DSM di Bologna Nord, la d.essa Maria Gabriella Garis e il regista Luciano Caratto per il DSM di Torino, la d.essa Lara Marzotto e il regista Erio Gobetto per il DSM di Porto Gruaro, il dr. Andrea Melella di Faenza, i colleghi di Ferrara, Lugo, Rimini ed altri). Stagioni rappresenta una sorta di metafora del nostro percorso preparatorio e del nostro laboratorio teatrale; che partendo in ottobre, e quindi in autunno, ci accompagna fino alla rappresentazione, che diamo all'inizio dell'estate; attraversando non solo i mutamenti di clima tipici dell'alternarsi delle stagioni, ma anche e soprattutto i nostri alterni cambiamenti di umore e di stati d'animo: dall'incertezza iniziale e dalla tristezza indolente dei giorni di pioggia e del freddo invernale all'ottimismo delle energie che la primavera risveglia, fino alla gioiosa esplosione dell'estate e degli applausi calorosi del pubblico a fine spettacolo.
Il terzo anno (2003) ha rappresentato una tappa fondamentale del nostro percorso. Un traguardo e insieme un punto di partenza che ha proiettato fortemente in avanti la nostra esperienza e che ha rivelato tutte le potenzialità del lavoro che stavamo facendo. In quest'anno sono intervenute novità importanti: gli ospiti e gli operatori del CD hanno preso parte al laboratorio e alle rappresentazioni dell'opera gli uni a fianco degli altri, insieme protagonisti e complici di un gioco virtuoso e meraviglioso, nel quale le relazioni, lo spirito di collaborazione e le abilità attoriali dei singoli e del gruppo hanno raggiunto un livello davvero significativo. La cosa ha prodotto stimoli nuovi e una rinnovata partecipazione, ha rafforzato lo spirito di affiatamento e l'integrazione del gruppo e aumentato l'interesse e il gradimento dei pazienti. In più si sono aggiunti nuovi pazienti e attori che hanno portato un contributo rilevante. Dato il livello attoriale raggiunto si è scelto di confrontarsi coi tempi serrati dell'azione e del dialogo tipici del teatro comico e delle gag. Sono così nati - elaborando e perfezionando le idee che man mano venivano alla luce - 7 quadri satirici di crescente vis comica, uno dei quali in dialetto romagnolo. Diversi i temi trattati, tutti in chiave umoristica: il rapporto medico-paziente, il mondo ospedaliero, il ribaltamento dei ruoli e alcuni aspetti paradossali della vita e della società. L'opera, intitolata Non solo cabaret, è stata presentata la prima volta al Teatro Diego Fabbri di Forlì nel giugno 2003, ottenendo un notevole successo di pubblico e di critica, nonché l'attenzione dei media; cosa che ci ha permesso di partecipare al 3° Festival Nazionale delle Arti Espressive di Torino, dove è risultata una delle migliori della rassegna, ricevendo i complimenti personali dello psichiatra Pier Maria Furlan, promotore dell'iniziativa. Lo spettacolo, che ha visto più repliche, come quella al Teatro Comunale di Cesenatico nel dicembre 2003, ha incontrato il favore di pubblici esperti, anche molto diversi fra loro.
Nel quarto anno (2004) sulle ali dell'entusiasmo, forti delle buone condizioni psicofisiche, di salute e di benessere dell'intero gruppo, delle capacità e delle abilità sviluppate e consolidate nel corso dell'esperienza - abbiamo deciso di approfondire il lavoro sul corpo, sul ritmo, sul movimento coreografico, sulla danza e sul canto.
E' nato così Tambourine dream, in sostanza un musical composto da scene simboliche giocate sul ritmo della danza, su giochi coreografici e suggestioni sonore, nel quale ospiti e operatori (ai quali si è aggiunto uno nuovo) si esibiscono come attori, ballerini, cantanti e musicisti.
L'opera ci ha anche impegnato nella costruzione manuale di strumenti sonori, di percussione e costumi, riciclando materiali poveri e di risulta, come pezzi di legno, taniche, plastica, lamine metalliche, spezzoni di tubi, bidoni e sacchi per il rusco.
Tambourine dream - rappresentata nel giugno 2004 al Teatro Diego Fabbri di Forlì e al Teatro Comunale di Cesenatico a dicembre - racconta il sogno di una tamburina sconsolata, che aspira però a trovare un'armonia interiore che le permetta di placare il conflitto tra le diverse e contrastanti spinte del bene e del male, della gioia e del dolore, che sembrano lottarsi senza soluzione. In scena le contraddizioni interne sono rappresentate da una serie di strumenti artigianali costruiti direttamente dagli ospiti del Centro, discordanti e di differente sonorità, che agiscono gli uni contro gli altri nel tentativo di sopraffarsi. La tamburina desidera presentare un festival musicale tutto suo, nel quale lei, le amiche e i compagni possano liberamente cantare, suonare e ballare; magari insieme a Bob Dylan, ai Blues Brothers e a Strauss. Per quanto impossibile, il sogno s'avvera risolvendo il dissidio (grazie a all'intervento magico e alla sensibilità di chi accanto è pronto ad aiutarci a scoprire e a cogliere il ritmo giusto e la grazia delle cose e della vita) che riesce a fondere in un'unica e armoniosa orchestra quelli che apparivano ritmi, movimenti e sonorità in lotta tra loro.
Giunti al quinto anno (2005) ci siamo resi conto di trovarci di fronte a un gruppo che ha sviluppato attitudini e prestazioni attoriali notevoli e di qualità artistica di tutto rispetto; senza dubbio ben oltre la media delle performance teatrali che vengono prodotte in ambito psichiatrico. Oltre a partecipare al laboratorio teatrale come attività integrativa a scopo riabilitativo e terapeutico, il gruppo di teatro vive una vera e propria passione per il teatro in senso stretto. Questa passione, cresciuta anno dopo anno e ormai consolidata, rappresenta senz'altro un salto di qualità dell'intervento terapeutico stesso e dell'atteggiamento col quale i pazienti partecipano. Infatti netta è l'impressione di avere a che fare con persone che vogliono e amano fare teatro. Questo nuovo elemento, già emerso negli anni precedenti, ci ha fatto riflettere, e ci siamo chiesti se non sia addirittura il caso di costituire, col sostegno di enti e istituzioni, una vera e propria compagnia. Proprio per questo abbiamo elaborato un'ipotesi di allargamento e di apertura dell'esperienza verso l'esterno, per darle un respiro più ampio.
Così, dopo quattro anni di preparazione e di conferme - stimolati dai nostri stessi attori, che più volte hanno manifestato il desiderio di lavorare su un'opera importante, e sollecitati dall'esterno, da chi ha seguito l'evoluzione della nostra esperienza e ha visto i nostri spettacoli - abbiamo sentito che era giunto il momento di misurarci col grande teatro; come del resto operano la gran parte delle realtà simili alla nostra.
A differenza degli altri anni, nei quali l'opera andava formandosi nell'ambito del laboratorio, questa volta il regista Michele Zizzari ha messo mano ad Aspettando Godot di S. Beckett e lo ha interamente riscritto alla sua maniera intitolandolo Esperando e mettendolo a nostra disposizione col titolo di ¿Qué pasa?
Nella nuova versione l'atteso Godot è un agognato e allusivo "Buendìa", gli schiavi alla corda sono due (un maschio e una donna) e Vladimiro ed Estragone sono ben nove, hanno nomi buffi e monosillabici e sono interpretati a turno da attori diversi. Uno è lo stomaco affamato mosso dall'opportunismo e che bada solo al sodo, una il cuore assettato d'affetto, un'altra l'anima ingenua e smarrita, l'altro il bambino ribelle che non ci sta, uno il sognatore, l'altro il polemico e così via.
Pur confrontandosi in una serie di dialoghi assurdi e in una sequenza di azioni simboliche e paradossali (secondo lo stile tipico del teatro dell'assurdo) questi personaggi raccontano con maggiore immediatezza e con più schietto umorismo un'umanità che ancora si affanna, e spesso in maniera confusa e senza riuscirci, per trovare un senso all'esistenza, troppe volte trascorsa in un'assurda e inerme attesa, tra millenarie contraddizioni irrisolte che da sempre affliggono uomini e donne. L'azione inoltre è periodicamente interrotta da sfrenate ballate gitane di un minuto e dall'irruzione di sgangherati danzatori che poi spariscono nelle quinte. Eventi caotici e passeggeri a cui i personaggi di turno in scena reagiscono come se nulla fosse.
Naturalmente i temi dominanti sono l'attesa e le "attese"; l'esperienza stessa dell'esistenza; il senso e le motivazioni da dare loro e il tentativo (spesso vano e disperato) di viverle in maniera consapevole, per colmare il vuoto che a volte ci angoscia, per riempire in una maniera plausibile il tempo che ci spetta; ma non solo. In vita ognuno spera e aspetta qualcosa: l'amore, la fortuna, il successo, il potere, il "giorno buono" per fare chi sa cosa, la salute, la serenità o semplicemente un certo benessere. Ma al di là di tutto emerge un messaggio: forse, piuttosto che sopravvivere solo sperando e aspettando condizioni più favorevoli per fare chi sa cosa, sarebbe meglio per tutti cercare di vivere nel modo migliore possibile.
¿Qué pasa? è una rielaborazione originale, forte e ironica, e allo stesso tempo di intensa tensione drammatica; senza dubbio l'opera più complessa tra quelle realizzate fin qui, molto difficile da rappresentare. Ha comportato un impegno e un'abilità davvero ragguardevoli, ed è stato necessario mettere a frutto tutta l'esperienza precedente.
Il laboratorio di quest'anno ha costituito un approfondimento quasi professionale del lavoro teatrale e rappresentato uno straordinario traguardo per tutti i componenti del gruppo.
In particolare appare sorprendente lo sviluppo delle loro capacità mnemoniche, in quanto agli attori spetta sostenere dialoghi e mandare a memoria parti piuttosto complesse ed estese di testo. L'opera viene rappresentata nel giugno 2005 al Teatro Diego Fabbri di Forlì e al Dulcamara di Ozzano d'Emilia (dove viene replicata in settembre); con un exploit di consensi davvero inatteso. Tanto che viene richiesta per una serie di eventi e rassegne: il 21 ottobre 2005 viene replicata al Teatro Titano di San Marino e il 2 dicembre al Teatro Comunale di Cesenatico; il 15 maggio del 2006 al Teatro degli Atti di Rimini nell'ambito del Programma Europeo per la Salute Mentale Equal, Spring out; il 26 maggio ancora al Diego Fabbri di Forlì per il Cantiere Internazionale Teatro Giovani diretto da Walter Valeri e patrocinato dall'International Theater Center of New England-USA, dall'Università di Bologna e dal Centro Studi Teatrali dell'Università di Forlì; il 24 giugno all'Anfiteatro Bertolt Brecht di Nereto di Teramo per la prima edizione del Festival di Teatro delle Differenze Teatri Paralleli; il 17 ottobre al Padiglione delle Feste di Castrocaro Terme per il Festival del Teatro Sociale Proscenio aggettante promossa dalla FITeL Nazionale (dove riceve il Premio per la miglior regia) e il 17 novembre alla Casa del Teatro di Faenza per la Rassegna d'Altro Teatro Tratti'n Festival.
Il sesto anno (2006), come testimoniano le repliche di ¿Qué Pasa? appena elencate, è un anno di grandi fatiche; ma è anche l'anno di grandi conferme, di tournée e di grandissime soddisfazioni. Ma andiamo per gradi. Stimolati dalla richiesta di diversi componenti del gruppo, nel sesto anno abbiamo preso in mano Pirandello.
Il regista Michele Zizzari ha così lavorato sulle tre opere (Sei personaggi in cerca d'autore, Ciascuno a modo suo e Questa sera si recita a soggetto) che compongono la trilogia sul teatro del grande drammaturgo siciliano, realizzando tre rivisitazioni, rispettivamente Pirandellando, Ogni testa un tribunale e Uno spettacolo sciuè sciuè.
Si tratta di rivisitazioni originali, interessanti e parecchio divertenti, che alternano fasi poetiche e di forte tensione drammatica a fasi ironiche e paradossali. Dallo studio dei testi il gruppo si orienta a lavorare sulla seconda, che sembra la più adatta e anche la preferita dalla maggioranza. Cominciano le prove e si assegnano le parti. L'opera comincia a prendere corpo, piace e diverte.
Ma le repliche di ¿Qué pasa? (portata in tournée anche per tutto il 2006) ne interrompono più volte lo sviluppo e affaticano più di un componente del gruppo; questo nonostante le piacevoli trasferte, la determinazione, la volontà e le notevoli capacità mnemoniche e d'impegno raggiunti. Preparare contemporaneamente due opere così impegnative (sia per ciò che riguarda le parti da imparare sia per le tensioni fisiche ed emotive da sostenere) risulta uno sforzo troppo grande per tutti. Si decide di passare a un lavoro più ludico e di mettere in cantiere qualcosa che dia l'occasione di sciogliere le tensioni e di liberare gioia ed energie.
L'idea per un nuovo spettacolo nasce per caso, ascoltando musica hip hop e facendo movimento ed esercizi su quel tipo di ritmo. Si pensa quindi di allestire un nuovo musical sulla stregua di Tambourine dream e dello storico musical West side story.
Questa volta però ambientato ai nostri tempi nella periferia urbana italiana, mosso da dinamiche ed esigenze sociali dei giovani contemporanei e animato da una colonna sonora tutta ispirata alla musica hip hop. Prende così forma Cuori di strada: pur condividendo la stessa sorte, le stesse condizioni (quelle tipiche delle periferie urbane) e gli stessi valori di strada, due bande di giovanissimi emarginati si contendono il predominio del quartiere in cui vivono.
Fino a che, tra le alte sfere del potere, non viene deciso di sgombrare e radere al suolo la zona per la costruzione di un ennesimo centro commerciale. La nuova situazione li avvicina e unisce. Comprendono che al di là delle apparenze, condividono le stesse vicissitudini esistenziali, i medesimi sentimenti e desideri, gli stessi ideali umani e sociali e che spesso il conflitto è solo dettato dalla difficoltà e dall'incapacità di confrontarsi e parlarsi.
Tra loro si fanno strada la comprensione, la solidarietà, l'amicizia, l'amore.
Nulla però possono contro la forza coercitiva di un potere sordo e insensibile alle reali esigenze delle persone, nulla possono contro quei progetti economici imposti dall'alto e interessati solo al profitto. Cuori di strada rappresenta la metafora dello scontro tra le aspettative ideali più naturali e immediate dei giovani e una società invece dedita principalmente al consumo e al guadagno. Un antagonismo che appare senza soluzioni, ma che in teatro può trovarne una: ponendo la questione direttamente al pubblico, chiamato ad esprimere un parere e a decidere in diretta le sorti del conflitto, un po' come fa il coro nella tragedia greca. Questo destinarsi al cuore della gente ha una valenza simbolica molto forte: è la speranza in noi stessi, nell'umanità, nella libera coscienza delle persone e della comunità civile. I temi affrontati sono tanti e di diversa natura, e anche le chiavi di lettura dell'opera si snodano su diversi piani: psicologico, culturale, sociale.
Ma il tema di fondo è il pregiudizio, che puntualmente scatta nei confronti di coloro che - per un motivo o per un altro - ci appaiono diversi, e quindi, per un meccanismo automatico di difesa, pericolosi. Magari solo per l'abbigliamento che indossano. Poi la paura - alimentata da luoghi comuni e dai media - fa il resto. Per questo abbiamo tentato di far dialogare mondi che non comunicano, certi che il pregiudizio e la paura nascono dalla non conoscenza e dalla mancanza di occasioni di incontro e confronto. E per evitare di ridurre tutta la questione alla sola sfera della sofferenza psichica, abbiamo rivolto la nostra attenzione all'intera società e trovato i nostri protagonisti in quei giovani che le cronache internazionali (vedi la rivolta dei ghetti parigini) e nazionali (vedi le polemiche sui centri sociali occupati) portavano prepotentemente alla ribalta. Non è stato facile mettersi nei loro panni; ma ci abbiamo provato, ascoltando e ballando la loro musica. Del resto l'essenza del teatro è questa: quella di provare a mettersi nei panni dell'altro, a comprenderlo, ad accoglierne le ragioni e ad accettarlo. E lo abbiamo fatto provando il brivido piacevole dell'adolescenza e la sensazione di tornare un po' più giovani di quello che siamo. Ma anche quello strano senso d'incertezza (che ancora ci appartiene), quella ingenuità e quella spinta ideale e autentica che - al di là delle apparenze a volte provocatorie e marziane - caratterizzano i più giovani. Caratteristiche esistenziali che, una volta adulti, dimentichiamo e non siamo più capaci di riconoscere e comprendere, o per necessità o peggio ancora per interesse.
Naturalmente - trattandosi di un musical - testo e dialoghi sono ridotti al necessario e la storia viene prevalentemente raccontata ed espressa dai corpi, dalle coreografie e dai balletti, dalle canzoni, dalla musica e dalle scenografie.
Intanto - sull'onda dei consensi che ¿Qué pasa? ottiene nelle rassegne a cui prende parte (vedi paragrafo precedente) e grazie all'incessante lavoro di pubbliche relazioni condotto dalla dottoressa Paola Longhi, psicoterapeuta e dirigente della struttura - nascono importanti collaborazioni e proficue sinergie. Prima fra tutte quella con il Comune e l'Istituto Statale d'Arte di Forlì diretto dal preside Servadei Morgagni, i cui studenti medi guidati dall'insegnante Cristian Casadei realizzano l'ambientazione scenografica del musical.
L'esperienza teatrale del Centro Diurno di Forlì suscita poi l'interesse di docenti universitari come Walter Valeri (poeta e regista, per vent'anni assistente coordinatore della compagnia di Dario Fo e Franca Rame, docente di Storia del teatro all'Università di Harvard e direttore artistico del Cantiere Internazionale Teatro Giovani che da sette anni si tiene al Teatro Diego Fabbri di Forlì); Isabel Fernandez Nieto (docente di Lingua e Letteratura Spagnola all'Università di Bologna e coordinatrice del Centro Studi Teatrali dell'Università di Forlì); Vito Minoia (docente di Teatro di Animazione alla Facoltà di Scienze della Formazione di Urbino e condirettore della rivista Teatri delle Diversità diretto da Emilio Pozzi, docente di Storia del teatro alla Facoltà di Sociologia di Urbino); di compagnie teatrali d'avanguardia come Masque Teatro di Forlì; di tirocinanti e studenti che finiscono per prender parte (a vario titolo) al nostro laboratorio teatrale e di laureandi in psicologia che includono la storia del Gruppo di teatro il Dirigibile nelle loro tesi di laurea.
A questo proposito, una citazione di merito va in particolare all'assistente sociale Maurizia Aprili (lavoratrice-studente da anni in servizio presso il Centro Diurno di via Romagnoli, quindi operatrice-attrice della compagnia e testimone privilegiata dell'intera vicenda) che si laurea in psicologia all'Università di Cesena dedicando tutta la sua tesi all'esperienza che ha vissuto in prima persona, sin dal principio e dal di dentro.
E per finire, oltre alla prestigiosa partecipazione al Cantiere Internazionale Teatro Giovani voluta ed espressamente richiesta dalla docente Isabel Fernandez e dal direttore artistico Walter Valeri e alle rassegne già citate in precedenza, il Dirigibile ha una parte importante anche nella realizzazione del cortometraggio Eleutherìa o l'impazienza della libertà, proprio sul tema della libertà, ideato e prodotto dalla compagnia Masque Teatro e patrocinato dall'Università di Bologna e dal Centro Studi Teatrali dell'Università di Forlì. Il 2006 termina con la rappresentazione di Cuori di strada al Teatro Comunale di Cesenatico, che ottiene una grande affermazione di pubblico e di gradimento. L'anno non poteva terminare meglio.
Nel settimo anno (2007) si lavora ancora a due opere, il gruppo è ormai in grado di farlo e sostiene agevolmente il doppio impegno. Mentre si perfeziona Cuori di strada, si torna all'idea di allestire Ogni testa un tribunale (ispirata a Ciascuno a modo suo di Pirandello).
Primo perché piace a tutti e ci diverte moltissimo farla, secondo perché nuovi inserimenti lo permettono. Infatti l'anno scorso mancavano gli attori per ben tre parti maschili, che ora potranno essere interpretate dai nuovi arrivati, che si sono inseriti nel gruppo molto positivamente e preso parte al laboratorio con grande entusiasmo. I lavori procedono speditamente.
Il gruppo è ormai allenato e ha affinato metodi di lavoro e strumenti espressivi.
Ma non mancano difficoltà: bisogna padroneggiare brani piuttosto lunghi, dialoghi serrati densi di allusioni e di vissuto interiore. Occorre essere precisi in ogni minima espressione mimica, nell'atteggiamento del corpo e nel dire le cose col tono giusto della voce; perché molti dei personaggi interpretati sono introversi, poco spontanei, fedeli a un cliché o ipocriti e si esprimono con impercettibili mutamenti di umore e misurati movimenti del volto, degli occhi, dei piedi e delle mani. Tutto dipende dalla qualità dei gesti e del repertorio mimico.
Ma ai ragazzi del Centro piace fare teatro, e il mettersi in gioco non fa più paura come nei primi anni. A volte riflettiamo su quanto in positivo siamo cambiati proprio grazie al teatro, sulla strada che abbiamo fatto e sulle piacevoli esperienze vissute insieme; e consapevoli di questo, guardiamo avanti come i protagonisti di un'avventura.
Mentre l'opera cresce settimana dopo settimana, Laura e Cinzia (inesauribili e amorevoli operatrici del Centro Diurno di via Romagnoli) e Giulia (l'educatrice con la quale gli ospiti dipingono e lavorano la creta) si buttano anima e corpo nella realizzazione delle scenografie e nel reperimento di tutto quanto serve, anche per non gravare eccessivamente il gruppo, già impegnato in maniera significativa.
Infatti, nel frattempo, il Dirigibile porta ripetutamente in scena Cuori di strada: il 24 aprile al Teatro Diego Fabbri, il 2 giugno al Piccolo di Forlì (selezionata per l'8a edizione del Cantiere Internazionale Teatro Giovani diretto da Walter Valeri - docente di teatro a Harvard - e patrocinato dall'International Theater Center of New England-USA e dal Centro Studi Teatrali dell'Università di Bologna e Forlì); il 22 ottobre al Padiglione delle Feste di Castrocaro Terme (dove - selezionata per il 9° Festival del Teatro Sociale Proscenio aggettante promosso dalla FITeL Nazionale CGIL, CISL, UIL - riceve i premi per la miglior regia e la miglior scenografia). Il 26 ottobre, viene rappresentata al Teatro Raffaello Sanzio di Urbino per la 2a edizione del Festival Le visioni del cambiamento 2007 di Pesaro e Urbino, promosso dalla rivista Teatri delle diversità diretta da Vito Minoia ed Emilio Pozzi (tra i massimi esperti di Teatro Sociale e docenti all'Università di Urbino), dall'Ass. Teatro Aenigma, dall'Ass. Nazionale dei Critici di Teatro, dall'Università di Urbino e dai Ministeri della Salute e della Solidarietà Sociale.
Al termine dell'anno, come accade già da qualche tempo, le ragazze e i ragazzi del Dirigibile portano in scena il loro nuovo lavoro, dimostrando ancora una volta tutta la loro tempra e tutta la loro straordinaria bravura. Ogni testa un tribunale viene infatti rappresentata in anteprima il 13 dicembre al Teatro Comunale di Cesenatico.
Tutto questo fa riflettere su quanto sia profondamente sbagliato parlare di chi vive un disagio in termini di disabilità e di deficit.
Nell'ottavo anno (2008) si perfeziona Ogni testa un tribunale che va ancora in scena: al Teatro Testori di Forlì (per la 9a edizione del Cantiere Internazionale Teatro Giovani diretto da Walter Valeri, docente di teatro a Harvard e promosso dall'International Theater Center of New England-USA, dall'Università di Bologna e dal Centro Studi Teatrali dell'Università di Forlì); al Teatro delle Moline di Bologna (in occasione delle celebrazioni della Legge 180 di Franco Basaglia); a Torano di Teramo per il 3° Festival di Teatro delle Differenze Teatri Paralleli; al Padiglione delle Feste di Castrocaro Terme per la 10a edizione del Festival del Teatro Sociale Proscenio aggettante promosso dalla FITel Nazionale Cgil, Cisl e Uil (dove riceve il premio per due attrici non protagoniste e la menzione speciale per la regia); al Teatro Le Moline di Bologna e alla Sala Estense di Ferrara per le Celebrazioni della Legge 180 di Franco Basaglia e per il Progetto Regionale Teatro e Salute promosso dalla Regione Emilia-Romagna, dal Servizio Sanitario Regionale, dall'Ass. Onlus Arte e Salute e dall'Istituzione Minguzzi di Bologna. Infatti messasi in luce come una delle più interessanti e avanzate testimonianze di teatro terapeutico, l'esperienza di Forlì (intesa come l'insieme della Compagnia il Dirigibile, del Centro Diurno Psichiatrico di via Romagnoli coi suoi operatori e i suoi assistiti e del Dipartimento di Salute Mentale dell'Ausl di Forlì) entra a far parte dei soggetti promotori e protagonisti di un progetto regionale che censisce e mette in rete le più importanti esperienze teatrali in ambito psichiatrico della Regione Emilia-Romagna; un progetto che prevede una serie di attività seminariali, laboratoriali e di produzione teatrali e di spettacoli per un periodo di tre anni. Intanto si leggono, studiano, commentano e valutano altre opere su cui lavorare e si approfondisce il tema della consapevolezza dell'attore, la sua presenza scenica e le tecniche legate alla caratterizzazione dei personaggi. Una delle opere che si sta valutando di allestire è già stata affrontata e discussa nel corso del 2006. Si tratta di una rivisitazione del nostro regista Michele Zizzari di Sei personaggi in cerca di autore di Pirandello, dal titolo Pirandellando.
Al momento l'abbiamo modificata in alcuni punti e rititolata Zia Pace.
Nel frattempo il regista propone un suo nuovo lavoro, dai titoli provvisori Ruderi o Le ceneri della ribalta, un lavoro critico-satirico sullo stato del teatro contemporaneo, come metafora dello stadio culturale nelle cosiddette "società sviluppate nord-occidentali" d'Europa. Le ipotesi che si fanno per il prossimo anno in realtà sono ancora di più, e ancora non è chiaro per quale si deciderà. Si pensa perfino di approfondire il lavoro di laboratorio per potenziare ulteriormente le capacità espressive degli attori; questo per poter lavorare all'idea di uno spettacolo che nasca interamente dentro il laboratorio e dagli stessi attori.
Idee e materiali vanno moltiplicandosi e vengono di volta in volta valutati, e selezionati, dopo averli verificati nel vivo di serrate improvvisazioni teatrali. Si pensa a una narrazione a più voci, al cortile di un vicolo, di un palazzo, di un condominio o di una piazzetta; un'area circondata da finestre e lenzuoli di vario colore. I lenzuoli sono appesi a una corda sostenuta da forcine improvvisate, come si usa negli spazi comuni dei quartieri popolari. Uno spazio che è metafora di quella comunità ristretta che immediatamente ci circonda, che è più prossima a noi: la famiglia, il gruppo degli amici più intimi, il bar, la piazzetta, il luogo di lavoro o il centro diurno dove ci si incontra quasi tutti i giorni. E, allo stesso tempo, uno spazio-comune che diventa metafora della comunità umana in senso più generale: la città, la società, il proprio Paese, il villaggio globale. Un'umanità attraversata da buoni e cattivi sentimenti, da altruismi e da egoismi, da sogni, paure, amori e guerre. Ma soprattutto uno spazio-comune che è metafora di quel luogo ideale della condivisione dove tutti possono raccontare e raccontarsi, oltre ogni reciproca diffidenza, oltre ogni stranezza, con la propria inimitabile originalità, oltre il pregiudizio e la paura, oltre le differenze e la difficoltà del confronto. In quello spazio dove ognuno è libero di portare la sua storia e la propria follia: il Teatro.
In particolare, tra i temi discussi, che emergono e che entrano a far parte del lavoro drammaturgico c'è quello del razzismo. E non può essere diversamente, visto che purtroppo le cronache dei tiggì registrano una serie di inquietanti e dolorosi episodi che si susseguono in tutto il paese, da nord a sud. Proprio per questo si è deciso di affrontare l'argomento razzismo inserendo testi poetici di autori africani e di altri più noti, come Jacques Prévert e Bertolt Brecht, ma opportunamente rivisitati e attualizzati. Oltre a questi entrano a far parte dell'opera anche una serie di brevi componimenti poetici di Gaetano, uno dei pazienti assistiti dal Centro, e alcuni rielaborati del regista.
Prova dopo prova, prende corpo la nuova opera. La intitoliamo Il cortile delle storie sospese: storie una dietro l'altra, ognuna con la sua particolarità, la sua voce, la sua stramberia, la sua urgenza o la sua drammaticità, storie che si fa fatica a tenere insieme, storie pendenti, sospese come i lenzuoli, apparentemente slegate, ma legate invece al fragile filo della narrazione collettiva, che trova luogo nello spazio comune di una piazza o di un cortile, o dell'umana esperienza, che tutte le comprende.
In dicembre l'opera va in scena in anteprima al Teatro Comunale di Cesenatico.
Il nono anno (2009) si rivelerà un anno ricco di esperienze di ogni tipo e denso di lavoro, di impegni e di spettacoli. Si continua a lavorare all'opera Il cortile delle storie sospese, che viene ulteriormente rielaborata e perfezionata, mentre si approfondiscono i contenuti del laboratorio.
In aprile Il Dirigibile - ormai tra i capofila del Progetto Regionale Teatro e Salute Mentale promosso dalla Regione Emilia-Romagna, dal Servizio Sanitario Regionale, dall'Ass. Onlus Arte e Salute e dall'Istituzione Minguzzi di Bologna - partecipa al Convegno Regionale Applausi alla Salute, il Teatro che connette.
E in maggio porta in scena la sua ultima fatica al Teatro Testori di Forlì (per la 10a edizione del Cantiere Internazionale Teatro Giovani diretto da Walter Valeri, docente di teatro a Harvard, e promosso dall'International Theater Center of New England-USA, dall'Università di Bologna e dal Centro Studi Teatrali dell'Università di Forlì) e all'Aula Teatro della Facoltà di Psicologia di Cesena.
Il Progetto Regionale Teatro e Salute Mentale prevede anche che Il Dirigibile porti in tournée e replichi in cinque teatri della Regione il suo ultimo lavoro, nell'ambito di una rassegna che sia in grado di coinvolgere, di fare incontrare e mettere in rete le esperienze teatrali in ambito psichiatrico più importanti dell'Emilia Romagna.
Nel frattempo si decide di riprendere a lavorare su un'idea già presa in considerazione qualche anno prima. Si tratta di una libera rivisitazione del regista Michele Zizzari di Sei personaggi in cerca di autore di Pirandello, intitolata Zia Pace e che si vuole portare in scena a dicembre, nella ormai consueta anteprima di Cesenatico. Ci si mette subito a lavoro, leggendo, discutendo, commentando e approfondendo i contenuti dell'opera. Si assegnano quindi le parti dando il via alle prove e all'allestimento. Lo spettacolo - grazie alla ormai consolidata esperienza degli attori del Dirigibile - prende la sua forma in poche in settimane: come in Pirandello, l'inevitabile confronto dialettico tra i protagonisti dell'opera fa emergere il senso degli elementi che danno vita al Teatro: l'autore e il testo; i personaggi, gli attori e i loro corpi; il regista; il pubblico. Ma oltre questo l'opera mostra come il Bene possa manifestarsi attraverso circostanze ambigue e impreviste e come possa capitare che talora si sia più utili al Bene trasgredendo le regole morali comunemente accettate e rispondendo alle concrete esigenze della vita, che vivendo nel cieco ossequio delle leggi e degli ideali.
In luglio poi un evento speciale: il gruppo degli attori del Dirigibile viene invitato a far parte del cast di attori in una fiction su Franco Basaglia diretta dal regista Marco Turco che andrà in onda in due puntate su RAI 1. La fiction C'era una volta la città dei matti, con Fabrizio Gifuni nei panni di Basaglia e con Vittoria Puccini, viene girata a Imola presso le strutture dell'ex Manicomio detto dell'Osservanza. Una partecipazione che per i pazienti-attori del Centro Diurno di via Romagnoli di Forlì - regolarmente messi a contratto e pagati come comparse - rappresenta un'importante e significativa esperienza umana e formativa, oltre che una meritata gratificazione di carattere economica. L'andare in scena sul set cinematografico, l'essere ripresi da macchine da presa professionali e dai cameraman della RAI, spalla a spalla con personaggi celebri del grande schermo e con attori, truccatori e costumisti di professione ha significato per loro un forte motivo d'orgoglio e una straordinaria crescita dell'autostima. Infatti registi, assistenti e tecnici della fiction hanno rimarcato la bravura dei nostri attori e la qualità della loro sentita partecipazione. Una nuova prova che conferma gli enormi progressi che tutto il gruppo ha fatto in questi anni di teatro. Inevitabilmente il gruppo ha poi discusso approfonditamente dell'esperienza e delle differenze tra l'attività e l'arte teatrale e quella cinematografica, tra l'andare in scena sulle tavole di un palcoscenico di fronte a un pubblico vivo e presente e l'essere ripresi da una macchina da presa sul set di un film tra le tante figure professionali che caratterizzano il cinema. Gli attori del Dirigibile saranno poi invitati alla prima proiezione del film al Be-Fest di Bari. L'esperienza - di cui hanno anche scritto - li emozionerà moltissimo.
A novembre - sempre nell'ambito del Progetto Regionale Teatro e Salute Mentale (promosso dalla Regione Emilia Romagna, dal Servizio Sanitario Regionale e dalla Ass. Onlus Arte e Salute e dall'Istituzione Minguzzi di Bologna) - Il Dirigibile porta in tournée Il cortile delle storie sospese. Precisamente: alla Sala Interaction dell'Arena del Sole di Bologna per la Rassegna DiversaMente e al Teatro Comunale di Conselice (Ravenna) diretto da Ivano Marescotti, alla Sala Estense di Ferrara e al Teatro Gonzaga Ilva Ligabue di Bagnolo in Piano (Reggio Emilia) per la Rassegna MoviMenti.
La tournée - durante la quale gli attori del Dirigibile viaggiano e vivono come una vera compagnia teatrale - ottiene un successo straordinario. Si tratta di un'esperienza e di una prova senza precedenti che consolidano il gruppo e tutti i suoi componenti, confermando le loro abilità e la eccezionale efficacia del teatro come strumento di riabilitazione, di crescita e di lotta allo stigma. Tra uno spettacolo e l'altro si continua anche a lavorare e a perfezionare Zia Pace, ormai pronta per andare in scena.
Il gruppo dimostra di non temere sfide né impegni così serrati, e il 4 dicembre presenta Zia Pace al Teatro Comunale di Cesenatico, nella consueta anteprima organizzata dal Centro di Servizi per il Volontariato della Provincia Forlì-Cesena e dal Comune di Cesenatico.
Il decimo anno (2010) comincia con la presa in esame di un nuovo lavoro teatrale del regista Michele Zizzari, Ceneri della ribalta. Un'opera critica e parecchio satirica sullo stato delle arti della rappresentazione - come il Teatro, il Cinema e la Televisione - nelle società contemporanee contagiate fino al parossismo dalla sindrome del successo e della visibilità a ogni costo, dominate dalla virulenza della pubblicità, dall'immagine, dall'apparire, dallo società dello spettacolo, dal reality show e dalla tecnologia virtuale. Un tema attualissimo, una metafora della demenza culturale ormai generalizzata nel cosiddetto mondo avanzato.
L'opera piace e diverte molto gli attori, che si appassionano immediatamente alla storia e alle fasi di preparazione del nuovo spettacolo. Ce la mettono tutta, anche perché contemporaneamente devono tenere viva e fresca l'energia per portare in scena Zia Pace, che viene rappresentata in aprile al Teatro Comunale di Cervia per un'iniziativa dedicata Sanità pubblica e al pregiudizio nei confronti della malattia mentale; in maggio al Teatro Diego Fabbri di Forlì per l'11a edizione del Cantiere Internazionale Teatro Giovani (diretto da Walter Valeri e promosso dall'International Theater Center of New England-USA dell'Università di Harvard, dall'Università di Bologna e dal Centro Studi Teatrali dell'Università di Forlì) e in luglio a Torano di Teramo per il 5° Festival di Teatro delle Differenze Teatri Paralleli.
Così gli allestimenti degli spettacoli di Zia Pace e il suo approfondimento drammaturgico si alternano alle prove e allo sviluppo del nuovo lavoro dando vita a un anno intenso di impegni, ma anche di nuove soddisfazioni. Intanto, sull'onda della straordinaria esperienza del Dirigibile, prende il via un nuovo progetto promosso dal Dipartimento di Salute Mentale, dal Centro Diego Fabbri e dal Centro Studi Teatrali dell'Università di Forlì: è il Progetto Teatro Aperto, destinato a studenti, giovani operatori sanitari e giovanissimi con problematiche psichiche, che termina con una prova-spettacolo aperta al pubblico alla Fabbrica delle Candele di Forlì. Il progetto, unendo in un laboratorio teatrale sperimentale diverse realtà giovanili del territorio, si impegna a contrastare nel vivo della pratica teatrale lo stigma nei confronti del disagio psichico.
Il laboratorio ottiene un successo e una eco straordinaria. Da qui prende vita un nuovo progetto tra il Dipartimento di Salute Mentale, il Centro Diego Fabbri e il Liceo Classico di Forlì che prevede di realizzare un lavoro teatrale in comune tra gli studenti del ginnasio e gli attori del Dirigibile, sul tema del condizionamento mediatico, sulla società dell'immagine e dello spettacolo e dell'apparire a ogni costo, affrontato in Ceneri della ribalta.
Intanto le attività creative del Dirigibile fervono, e a settembre l'opera Zia Pace viene selezionata e presentata alla 12a edizione del Festival del Teatro Sociale Proscenio aggettante promosso dalla FITel Nazionale Cgil, Cisl e Uil.
Nel frattempo si porta a termine l'allestimento dell'ultimo lavoro teatrale Ceneri della ribalta; che viene presentato in anteprima il 3 dicembre 2010 al Teatro Comunale di Cesenatico.
Undicesimo anno (2011) - Dall'inizio dell'anno si comincia a lavorare a un nuovo spettacolo. In particolare si vuole portare a termine la trilogia su Pirandello. Dopo Ogni testa un tribunale ispirato a Ciascuno a modo suo e a Zia Pace ispirato a Sei personaggi in cerca d'autore si lavora a una nuova opera del regista Michele Zizzari dal titolo Uno spettacolo sciué sciué, ispirato invece a Questa sera si recita a soggetto: una sgangherata compagnia di teatro tenta di allestire uno spettacolo, ma il protagonismo degli attori, i luoghi comuni dettati dai media e dalla pubblicità e l'incapacità del regista producono solo un'accozzaglia di frammenti animati dall'esibizionismo, dall'onnipresenza dei refusi televisivi e dalla banalità. E così tra contraddizioni e condizionamenti falliscono sia il tentativo velleitario degli attori di emanciparsi da una regia inconcludente sia il progetto poco convincente del regista, anche se cerca disperatamente di sottrarsi dall'ingerenza prepotente del potere. Uno spettacolo squinternato metafora della condizione di estrema confusione valoriale e progettuale in cui si dibatte l'umanità contemporanea. Uno smarrimento cui né la tecnica, né la scienza, né l'arte, né la politica riescono a dare risposta e dove consapevolezza, nuovi stili di vita e libertà d'espressione faticano a emergere, sviliti dalla pressione omologante di una volgare cultura di dominio. Resta solo la speranza dell'imprevedibilità degli eventi e dei rivolgimenti che l'esistenza riserva un po' a tutti.
Contemporaneamente si porta in scena Ceneri della ribalta, che viene rappresentata al Teatro Testori di Forlì per la Rassegna Babele in costruzione 2011 promossa dal Centro Studi Teatrali e dal Dipartimento SITLeC dell'Università di Bologna Sede di Forlì e dal Centro Diego Fabbri.
Nel corso dell'anno il Dipartimento di Salute Mentale - in collaborazione col Centro Studi Teatrali dell'Università di Bologna Sede di Forlì, il Centro Diego Fabbri e il Liceo Classico Morgagni di Forlì - dà inizio a nuovo progetto per la lotta allo stigma nei confronti del disagio mentale, per una diffusa sensibilizzazione sul tema, soprattutto nei riguardi dei più giovani, e per una ulteriore apertura alla comunità forlivese e alla società civile dell'esperienza del Dirigibile. Il progetto denominato Un Palcoscenico per tutti prevede l'allestimento di uno spettacolo da realizzare insieme agli studenti del Liceo Classico Morgagni di Forlì. Così, studenti, insegnanti, pazienti e operatori psichiatrici si incontrano a più riprese e formano un nuovo gruppo di teatro chiamato Fuori di banco, nome che giocando con l'ambiguità semantica dei termini e associando il modo di dire fuori di testa (locuzione solitamente usata per indicare i matti) a un simbolo tipicamente scolastico come quello del banco, proietta un numeroso gruppo di giovanissimi studenti medi fuori dall'ambito puramente scolastico, per farli interagire e lavorare fianco a fianco e senza pregiudizi con i pazienti-attori del Dirigibile, per fondare e diffondere tra le nuove generazioni e attraverso esperienze concrete e creative una coscienza sociale consapevole e solidale. Il progetto ha un esito straordinario e porta alla realizzazione dell'opera Apparire! Apparire! Apparire! che va in scena con un incredibile successo di pubblico e di critica al Teatro Diego fabbri di Forlì il 20 maggio 2011. Il tema centrale è scottante e attualissimo: la sudditanza a modelli di comportamenti e a bisogni suggeriti e subdolamente indotti dalla pubblicità, dalle mode e dai mezzi di comunicazioni di massa, rete e tivù in testa. Un condizionamento che grava sull'intera società, ma soprattutto sulle nuove generazioni. Si tratta di un'opera cruda e ironica al tempo stesso che analizza in chiave teatrale e simbolica le conseguenze che la società dello spettacolo e il primato dell'apparire sull'essere produce nei comportamenti individuali e nelle relazioni umani in una comunità di individui separati dalla competizione e contagiata dalla sindrome del successo personale, dal cabaret televisivo, dalla virulenza del reality show, dall'apparenza e dall'apparire a ogni costo. Basti pensare all'esaltazione che le selezioni per il Grande Fratello scatenano tra i giovani, dove tutti sono disposti a tutto pur di farsi vedere, anche solo per un istante, sul grande schermo, su You tube, su Facebook o nelle videoclip girate coi telefonini. Una sciagurata notorietà per la quale diventa legittimo fare sesso o picchiare vigliaccamente un disabile solo per esibire il proprio corpo e per mandare in rete in diretta le immagini del pestaggio.
In Luglio Il Dirigibile - invitato al 5° Festival delle Differenze Teatri Paralleli che si tiene a Sant'Omero di Teramo - porta ancora in scena Ceneri della ribalta, che ottiene uno strepitoso successo di fronte alla piazza Antonio De Curtis gremitissima di un pubblico particolarmente caloroso e partecipativo.
L'opera viene poi presentata in settembre in Piazzetta della Misura a Forlì per la Rassegna Piazze d'Estate 2011 promossa dal Comune di Forlì e dalla Regione Emilia Romagna.
Intanto si perfeziona Uno spettacolo sciuè sciuè, che a fine anno, il 7 dicembre, viene presentato in anteprima al Teatro Comunale di Cesenatico per iniziativa del Centro di Servizi per il Volontariato della Provincia Forlì-Cesena e del Comune di Cesenatico.
Dodicesimo anno (2012) - Nel corso del 2012, a fronte di qualche dimissione, entrano a far parte del gruppo di teatro nuovi pazienti, ben quattro, tra cui Joël, un giovane 21enne della Costa d'Avorio nato in Italia. Vengono quasi subito tutti chiamati a far parte della Compagnia. Il loro inserimento come attori è immediato ed efficace, prova che il gruppo è ormai abituato e pronto ad accogliere qualunque novità o nuovo inserimento. La sua capacità di accoglienza e di solidarietà è davvero eccezionale, cosa che mostra la straordinarietà dell'esperienza che si vive al Centro Diurno di via Romagnoli. Un'esperienza che ha fatto crescere sotto il profilo umano, psicologico e relazionale ogni singolo componente della compagnia e del gruppo nel suo insieme, e che conferma, a livello oggettivo e dell'osservazione clinica, l'efficacia del teatro come strumento di formazione e di sviluppo individuale e collettivo, oltre che come un'attività riabilitativa terapeutica che ha quasi del miracoloso. Nell'anno si perfeziona l'opera Uno spettacolo sciuè sciuè, che viene presentato al Teatro Testori di Forlì per la Rassegna Babele in costruzione 2012 promossa dal Centro Studi Teatrali e dal Dipartimento SITLeC dell'Università di Bologna Sede di Forlì e dal Centro Diego Fabbri e alla Rassegna Piazze d'Estate 2012 promossa dal Comune e dalla Provincia di Forlì e dalla Regione Emilia Romagna. Il successo è, manco a dirlo, strepitoso. Contemporaneamente gli attori del Dirigibile sono impegnati nella 2a edizione del Progetto Un Palcoscenico per tutti 2012 insieme agli studenti del Liceo Classico Morgagni di Forlì. Come sempre l'obiettivo è combattere lo stigma nei confronti della malattia mentale e della diversità in generale. Dopo una serie di incontri e di prove congiunte che hanno visto pazienti e studenti lavorare fianco a fianco viene realizzato un nuovo lavoro teatrale intitolato Volando sul pregiudizio, che a maggio viene presentato al Teatro Diego Fabbri di Forlì, mentre altri gruppi di studenti di altri Istituti Scolastici Superiori vengono impegnati a lavorare e a discutere sul tema in previsione di coinvolgerli nel progetto l'anno venturo.
Ma nello stesso tempo si pensa e si lavora a un nuovo soggetto teatrale, che - partendo dal vissuto personale degli attori del Dirigibile e da un testo che Zizzari ha già portato in scena anni prima con giovani universitari e altri gruppi di pazienti psichiatrici - dà vita allo spettacolo che verrà presentato, col titolo originario di Oracoli, nella ormai consueta anteprima di dicembre, al Teatro Comunale di Cesenatico, come è tradizione fare ogni anno, prima di presentarla a un pubblico più vasto nel corso del 2013.
Inoltre Giuseppe Ferrari, un giovane regista di cortometraggi che vive e opera a Bologna, comincia a interessarsi all'esperienza del Dirigibile, ormai piuttosto nota in Regione e non solo, e prende a intervistare e a riprendere le sue attività con l'intenzione di realizzare un corto che ne racconti il vissuto, la genesi, il lavoro e la produzione drammaturgica.