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Sintesi delle attività espressive
svolte con gli ospiti dell’Area San Bartolo del DSM di Ferrara
L’esperienza condotta dal sottoscritto e denominata La porta aperta – con finalità socializzanti, riabilitative e terapeutiche – è consistita di 8 incontri di 3 ore ciascuno (per un totale di 24 ore) e si è svolta tra novembre 2008 e febbraio 2009.
Il ciclo degli incontri -
Alle attività hanno potuto assistere Maria Gertrude D’Aloja dell’Unasam e dell’Associazione dei familiari Solidal-
Si può quindi senz’altro concludere che l’esperimento sia pienamente riuscito e che abbia dimostrato tutta l’efficacia e le potenzialità delle attività connesse alla pratica teatrale come strumento di intervento terapeutico, del resto sempre più diffuse in ambito psichiatrico e sociale.
Agendo e lavorando contemporaneamente a livello corporeo, psicologico, intellettivo, espressivo, affettivo e relazionale, le pratiche teatrali e di animazione sono in grado -
Le attività si sono svolte nella maniera più adatta, ludica e piacevole possibile, all’insegna dell’empatia e della leggerezza, nel rispetto delle reali capacità ed esigenze dei destinatari e in perfetta sinergia con gli operatori (che hanno dato un contributo davvero importante e costante) ed hanno riguardato: la conoscenza, la discussione e il confronto di gruppo; la scrittura; la lettura e il commento (anche animati) dei lavori svolti; il disegno; la rappresentazione simbolica e grafica (attraverso segni, gesti o brevi gag) di idee, ricordi, emozioni, situazioni di vita, eccetera; pratiche di respirazione e rilassamento; attivazione motoria e sensoriale; stimolazione della percezione, dell’attenzione e dell’immaginazione; esercizi di espressività corporea; attività di potenziamento delle facoltà espressive in generale e di miglioramento qualitativo delle relazioni interpersonali; giochi di contatto, di fiducia e di socializzazione; raccontare e raccontarsi anche attraverso simulazioni sceniche, giochi di ruolo e improvvisazioni teatrali non troppo complesse.
In particolare ho cercato di seguire un filo conduttore, naturalmente il più elastico possibile per consentire di includere e valorizzare di volta in volta le proposte, le istanze e i contributi (spesso estemporanei e da ricondurre all’argomento centrale trattato) che venivano direttamente dai partecipanti. Il filo conduttore è quello che lega noi stessi come individui agli altri, alla comunità e quindi alla vita sociale, attraverso il piacere e il bisogno inalienabile di stare il meglio possibile con se stessi, con gli altri e con il mondo. Ma anche attraverso il confronto inevitabile con la realtà, con i quadri di riferimento culturali e con i diversi punti di vista e sensibilità che gli individui e i gruppi di individui esprimono.
Ogni incontro è stato diviso in due sessioni.
Nella prima sessione tutti avevano a disposizione sedie per sedersi e tavolo, quaderni, penne e colori per scrivere e disegnare. I tavoli erano posizionati in modo da creare una sorta di emisfero, dentro al quale ciascuno poteva – visto e ascoltato da tutti – leggere, commentare, motivare, cantare e perfino rappresentare scenicamente i testi, i pensieri, le osservazioni e i disegni realizzati durante la sessione. Questa prima parte era destinata al confronto dialettico, alla discussione, alla scrittura, all’elaborazione di testi e disegni relativi all’argomento oggetto del confronto, nonché alla presentazione, alla lettura e al commento dei lavori svolti durante la settimana.
La seconda sessione era invece dedicata alla respirazione e al rilassamento, all’attivazione motoria e alla stimolazione sensoriale; allo scioglimento dei blocchi nervosi e articolari; ai giochi che coinvolgevano il respiro, il corpo e la voce; al movimento e alla coordinazione individuale e di gruppo; all’espressività mimica e all’improvvisazione teatrale.
Lo scopo principale che mi prefiggo (nei limiti del possibile, naturalmente) è proprio quello di tentare un superamento delle paure, delle difficoltà e dei dolori che si possono incontrare vivendo (che cerco di far percepire, spiegare e presentare come manifestazioni del tutto normali della vita stessa), delle diffidenze reciproche, delle tensioni, dell’"ansia da prestazione" o "da competizione", del "principio di efficienza", della "necessità di adeguatezza", del "giudizio condizionante", del "criterio valutante" e dell’obbligo coercitivo. La prima cosa che tento di instaurare è un clima positivo ed empatico, ludico e rilassato, che possa mettere più o meno tutti a loro agio, che includa la più vasta gamma possibile di modalità espressive e che faccia piazza pulita di quelle "pre-
Quasi tutti si sono felicemente cimentati nella creazione e hanno sviluppato temi e testi sorprendenti, di notevole interesse culturale e poetico.
Gli autori sono poi stati impegnati a "rappresentare" vicende e contenuti delle loro canzoni e dei loro testi poetici: chi semplicemente leggendo, chi commentando, chi raccontando e chi tentando addirittura una soluzione scenica.
Abbiamo quindi potuto fare passi avanti nelle improvvisazioni teatrali, nelle quali gli attori (in coppia o in trio) dovevano a turno improvvisare dialoghi e trovare soluzioni cercando di fare emergere storie verosimili e personaggi caratterizzati in una serie di situazioni particolari da me suggerite.
Il lavoro della rappresentazione simbolica richiede immaginazione creativa, nel senso di una capacità di tradurre in immagini concrete concetti spesso astratti e generici, che può consistere nell’indicare un contesto o un’idea più generale con un dettaglio fisico, oggettuale e particolare che sia capace di esprimerli, comunicarli e rappresentarli in modo leggibile.
Proprio partendo da questo ragionamento -
Il genere umano si contraddistingue per la sua capacità di sintesi, di mettere in relazione eventi e fenomeni, di trovare corrispondenze anche nuove tra cose in apparenza distanti tra loro, di coniugare e intrecciare elementi e da questi crearne di nuovi e via di questo passo.
Un’attività questa che -
Alla fine del percorso ho invitato i partecipanti a portare le loro conclusioni, a esprimersi, a voce o per iscritto, sull’esperienza fatta, su come l’avevano vissuta, su come si erano sentiti, se erano stati a loro agio o meno, bene o male, di indicare le difficoltà incontrate, le cose che erano piaciute e quelle che no, liberamente.
Ognuno ha potuto così fare le sue considerazioni, a dare un suo personale significato e uno scopo alle attività svolte e a tirare un bilancio e a comunicarlo agli altri nell’ultimo incontro. Ho suggerito di farlo senza però mettere la parola fine a tutto, ma per proiettare in avanti ciò che si era fatto.
Ho così lanciato loro l’idea di rivisitare – assieme agli operatori che hanno seguito gli incontri – i lavori prodotti (pensieri, brani, poesie, disegni, giochi, esercizi, gag, cose dette e fatte), selezionarli a piacimento (in base al gradimento personale, all’importanza ad essi attribuita, al contenuto o semplicemente perché considerati i più belli e i più significativi) e di raccoglierli in cartelline per poi utilizzarli come testi e immagini (foto comprese, che possono essere ricavate dalle riprese video) o di un foglio illustrato o di un giornalino che può avere come titolo il nome che è stato dato all’intera iniziativa: La porta aperta.
Ci siamo naturalmente salutati tutti con un caloroso abbraccio, e non sono mancati gesti e parole di sincero affetto e di apprezzamento per l’iniziativa e il lavoro fatto.
Molti hanno espresso il desiderio di poter continuare l’esperienza.
Progetto Relazioniamoci
sintesi delle attività di formazione per operatori socio-
e familiari di pazienti psichiatrici del territorio di Ferrara
e delle attività creative, espressive e di animazione teatrale
svolte con gli ospiti dell’ex Convento San Bartolo
del Dipartimento di Salute Mentale di Ferrara
Facendo seguito al lavoro già fatto coi pazienti dell’Ex Convento San Bartolo del Dipartimento di Salute Mentale di Ferrara e a una serie di incontri con la d.ssa Raffaella Bivi (psichiatra e responsabile della struttura), il dr. Gino Targa (dirigente della stessa) e della d.ssa Maria Gertrude D’Aloja (rappresentante dell’Associazione dei familiari pazienti psichiatrici Solidal-
Questa volta l’intervento non è stato rivolto soltanto agli ospiti della Residenza "Il Convento", ma anche e soprattutto agli operatori sanitari, ai volontari e ai familiari che vogliano prendere parte all’esperienza.
Agli ospiti in quanto questo tipo di animazione stimola e coinvolge in maniera utile ed efficace le persone che la praticano.
Agli operatori sanitari, ai volontari e ai familiari come seminario di formazione per l’apprendimento e l’utilizzo delle attività creative e delle pratiche connesse al teatro come strumento riabilitativo e terapeutico nell’ambito psichiatrico e del disagio in generale, che suggerirà loro nuovi strumenti di relazione e di trattamento (di semplice e immediata applicazione) in grado di alleviare la gravosità del loro compito, di conferire nuova efficacia e nuove motivazioni al loro intervento e di migliorare il rapporto coi pazienti. Lo scopo è quello di mettere operatori, volontari e familiari nelle condizioni di potere e sapere utilizzare e valorizzare potenzialità e opportunità che le tecniche di narrazione e di animazione e le attività teatrali offrono come strumento esperenziale, relazionale, educativo, didattico, formativo e abilitativo.
Operatori, volontari e familiari hanno così a disposizione un ampio spettro di opzioni e di soluzioni immediatamente applicative e operative, particolarmente duttili, che potranno a loro volta rielaborare – partendo dalle tecniche apprese – a seconda delle necessità, della loro sensibilità, delle finalità e della composizione dei gruppi e dei destinatari con cui operano o opereranno.
Esperienza e conoscenze che potranno successivamente trasferire e trasmettere, in uno sviluppo ulteriore del progetto, ai colleghi e agli operatori dell’intero Servizio.
Si tratta in sostanza di un percorso di formazione per la conduzione di letture (da animare, interpretare e trasformare); di giochi e pratiche ludiche; di esercizi e tecniche di rilassamento, di respirazione e concentrazione; di conoscenza e contatto; di stimolazione dell’immaginazione; di espressività verbale e corporea; gestualità e dialogo teatrali; mimica; di moto e coordinamento; di movimento corale e nello spazio; di esplorazione del corpo e dello spazio; di immedesimazione, improvvisazione e invenzione espressiva, narrativa e teatrale; ideazione e realizzazione di una sceneggiatura; uso del materiale scenico ed elementi di scenografia.
Le attività svolte presso la Residenza Il Convento in via San Bartolo si compongono di una parte teorica e di una preponderante parte pratica e ludica fatta di tecniche, giochi ed esercizi che fanno riferimento alle diverse tipologie di training che riguardano i più svariati aspetti dell’animazione sociale e delle fasi della preparazione attorale, della rappresentazione scenica e le fondamentali tecniche di interpretazione e di espressione teatrali: dal training pre-
Attività, tempi, modi e metodologie hanno tenuto conto delle effettive possibilità e capacità dei pazienti, nel rispetto delle loro reali esigenze e in sinergia con gli stessi operatori, oltre che nella maniera più adatta, ludica e piacevole possibile, all’insegna dell’empatia e della leggerezza.
Ogni incontro è stato strutturato in due parti. La prima parte viene svolta per quasi due ore coi pazienti in presenza e in stretta collaborazione con gli operatori, i volontari e i familiari presenti, che -
Poi, per oltre due ore, si commenta e analizza con operatori, volontari e familiari quanto è successo coi pazienti, giungendo – partendo dalla pratica fatta – alle tecniche impiegate, alle modalità applicate e alle loro finalità, alle conoscenze scientifiche e teoriche (dalla neurofisiologia alla psicopedagogia, dalla fisiologia motoria alla danza) cui fanno riferimento e da cui discendono quelle tecniche, non escluso la loro genesi storica ed esperenziale e il loro sviluppo nel corso delle tantissime esperienze (più o meno creative o sociali) e dei campi nelle quali sono state sperimentate, utilizzate e sistematizzate (dallo Psicodramma di Jacob Moreno alle più recenti applicazioni del Teatro Sociale).
Nel corso degli incontri sono stati prodotti foto, filmati e immagini video che riprendono dal vivo le attività e tutta una serie di materiali composti di riflessioni, appunti, schemi applicativi, schede, riferimenti teorici e bibliografici che ci si propone di sistematizzare in una prossima pubblicazione e in un DVD con la collaborazione del Centro di Servizi per il Volontariato di Ferrara per produrre una sorta di Istruzioni per l’uso e di Vademecum di consultazione per operatori socio-
Al termine è stato osservato che le attività corporee ed espressive svolte coi pazienti hanno portato loro vistosissimi benefici, e si decide di continuare. In particolare le attività vengono finalizzate al rilassamento delle tensioni interne e somatiche, alla smobilitazione e allo scioglimento dei blocchi nervosi, muscolari e articolari, alla correzione degli atteggiamenti posturali negativi e all’armonia del respiro, del movimento e delle azioni fisiche, per creare le migliori condizioni possibili per lo sviluppo di un adeguato equilibrio psicofisico.
L’esperienza è stata infine presentata al pubblico, prima al Convegno Oltre la Terapia nel giugno 2010 alla Sala Franz Fanon della stessa Area San Bartolo del Dipartimento di Salute Mentale di Ferrara e successivamente l’1 dicembre dello stesso anno nel corso del Seminario Nuove modalità di pensare e di fare in Salute Mentale promosso dall’Associazione Solidal-
Nel 2011 poi, come proseguimento delle attività vengono svolti con gli stessi pazienti una serie di Incontri a tema combinati con attività di animazione ed espressione corporea.
Infine – finanziato dallo stesso DSM, da Agire sociale Centro Servizi per il Volontariato e dall’Associazione dei familiari di pazienti psichiatrici Solidalmente di Ferrara – l’intero ciclo delle esperienze ha portato alla pubblicazione del testo Per un approccio espressivo multidisciplinare in ambito psichiatrico, guida pratica di intervento per operatori socio-